30.11.11
Un nome, due immaginari collettivi
Mi rivolgo a TE, comune mortale, uomo della strada privo di qualsiasi stimolo intellettuale che vada la di là di Figa, Pallone e Vanzina. Proprio a TE che, vagando tra i cestoni di dischi dell'Ipermercato, non trovi gesto migliore che acquistare compiaciuto il nuovo album di Mariano Apicella, convinto di aver avuto l'illuminazione per un "regalo-di-natale" simpatico, divertente e senza troppe pretese.
Sappi che, ascoltando quel pattume al contrario, non solo non udirai messaggi satanici, ma si materializzerà sulla parete più vicina un videomessaggio nel quale l'autore dei testi spiega quanto sia difficile trovare il tempo di scrivere canzoni d'amore tra una legge sul processo breve, un compleanno di Putin e un bunga-bunga a base di Fede e pasticche blu. E non sto parlando di Gigi D'Alessio.
Ma soprattutto sappi che, il nome "Apicella", per pochi eletti (tra i quali, grazie a Dio, non ci sei TU) rievoca ben altri ricordi.
Apicella (MICHELE però), prima di venire eretto a simbolo dell'Immondizia Musicale, è stato un simbolo "intelletual-sinistroide-che-tanto-mi-soddisfa-e-col-quale-mi-masturbo-pensando-a-quanto-ciò-mi-eleva-ad-uno-stato-elitario-ed-esclusivo" del Cinema Italiano. Non in quanto persona realmente esistente, ma in quanto alter-ego di un regista e sceneggiatore niente affatto banale. Criticato (non solo da quelli come TE, ahimè) ma, ribadisco, niente affatto banale (al di là dell'affetto che mi lega ai suoi film).
Dannatissima Ironia della Sorte.
L'Apicella di Ecce Bombo e Palombella Rossa messo in ombra da questo escremento.
Non riuscirei ad esemplificare meglio il degrado culturale con il quale sono costantemente costretto a rapportarmi.
Il mio immaginario rimarrà sempre migliore del TUO.
26.11.11
Paratassi
A leggerla così, sembra affettivamente frase ambigua, in realtà questa persona si riferiva, con solidale empatia, ad una mia tendenza alla scrittura. In certi momenti infatti, quando scrivo di getto, tendo a non soffermarmi più di tanto a quel fastidioso vincolo che è il punto, elaborando così frasi lunghe, cavillose, prolisse, ridondanti e ricche di subordinate. Questo ovviamente con grande dolore di tutti gli insegnanti mai incontrati durante i miei studi, che nel corso degli anni si sono dovuti districare tra i miei pensieri complicati, nel tentativo di farmi interiorizzare questa propensione moderna a volere frasi brevi, concise, paratattiche. Ed io lo faccio, svolgo bene i miei compiti. Metto tanti punti. Soggetto, verbo, complemento. Niente di più. Qui si ferma il pensiero. Al complemento. La subordinata resta un vezzo, una velleità per chi ha del tempo da perdere, ché questa società del consumo veloce ed immediato non si sofferma inutilmente su congiunzioni e – mondieu- su eventuali congiuntivi. (Non sia mai, il congiuntivo! Metti che poi lo sbagli? ) Quindi frasi brevi, concise, da poter leggere nei tempi morti, davanti a un caffè o ad altre tazze. Ché a questo si è relegato la lettura, ad una funzione secondaria da espletare in contemporanea ad altre, primarie, di maggior spessore.
Tuttavia, non divaghiamo, ciò di cui voglio parlare è proprio la scrittura. L’accusa, opinabile (ma d’altro canto qui non si parla di opinioni?), che io muovo ai cultori della paratassi è che essa violenta il pensiero. Mentre uno scrive, riflette, elabora ed infine predispone il materiale mentale in un materiale scritto, dà corpo ai legami concettuali, alle connessioni di pensiero tramite i nomi, i verbi e le congiunzioni, per trasporre infine ciò che esiste solo nella sua mente in un qualcosa di reale, tangibile e condivisibile con tutti gli altri. Se il mio pensiero è complesso e articolato, allora spezzarlo, segmentarlo, inserirvi per forza dei punti diventa un esercizio retorico di buoncostume, una cortesia verso il lettore che si trova facilitato nella lettura ma, a mio avviso, si va a snaturare il pensiero stesso. Lo si spezzetta, lo si modifica, lo si rende facilmente consumabile, tuttavia si perdono le connessioni tra un concetto e l’altro, si tralasciano gli aspetti meta-comunicativi ed i passaggi causali che la mia mente ha fatto per arrivarci. Si perde il meraviglioso uso delle congiunzioni, così ricche di sfumature in italiano. Ovvio poi, il lettore ha bisogno di pause, di respirare. Ma se ci fossero pensieri che vanno letti di filato, senza respirare, pensieri che tolgono il fiato? E’ vero che non sempre si può fare un flusso di coscienza, tuttavia il mio timore è che l’ipotassi venga sempre più relegata all’arte narrativa, facendo scomparire le subordinate dalla lingua scritta e parlata. Niente più gerarchie quindi tra i concetti, tra le parti della frase, niente articolazioni. La complessità dei pensieri non sparirà, solo non riuscirà a trovare sfogo nella scrittura, dovrà accontentarsi di essere espressa entro i limiti di poche coordinate, tra un “e” ed un punto fermo.
(detto questo, chiedo scusa per la lungaggine qua sopra, era giusto un piccolo sfogo d’esordio. D’ora in poi, solo post d'attualità, lo prometto!)
24.11.11
Quesiti oziosi (in attesa di post più seri)
19.11.11
In bilico
Verso la totale incomunicabilità, la definitiva mancanza di complicità.
Si cresce, si matura, si prendono direzione diverse... Tutto più che legittimo, ci mancherebbe.
Però si potrebbe evitare quel passo di troppo, quell'inutile barriera che annienta l'altra persona.
Ci sono molti modi per deludere. E c'è chi, come te, sceglie il più grigio, il più banale, il più incolore.
Come diceva quella canzone che ci piaceva tanto? "Il peccato fu creder speciale una storia normale". Già, ci cascano tutti prima o poi in 'sta fregnaccia.
Cazzate, comunque.
Devo essere proprio chiuso nel mio piccolo, squallido mondo per anteporre le mie insulse vicende personali ai grandi sconvolgimenti che stanno sconquassando l'Italia.
Ma in questo periodo, il Governo Tecnico che vige in me da un paio d'anni non concede pause. Lacrime e Sangue. Sono alla ricerca della mia Legge di Stabilità, ma la strada pare che sia lunga. Non ho nemmeno voglia di fare battute sul ministro Passera.
Certo, anteporre il personale al sociale è da egoisti, lo so. Ma tant'è.
Fino a qualche tempo fa mai e poi mai mi sarei perdonato di provare così poca partecipazione emotiva ad una eventuale (e allora improbabile) uscita di scena di B.
Ma tutto ciò doveva avvenire per rivolta popolare, per indignazione concreta della gente, per ghigliottina. Allora sì che avrebbe avuto un altro sapore. E invece no, ci siamo dovuti sorbire l'ennesimo videomessaggio. Amarezza.
Grigio, banale, incolore.
"Il peccato fu creder speciale un nemico normale".
16.11.11
All'attenzione del Dott. Kounellis
In fede,
Pier Pippo Pizzaballa
Che pizza l'attualità...
Qual è il vero compito di un blogger? informare? informare e dare un proprio punto di vista? scrivere alla cazzo? informare e far riflettere? scrivere alla cazzo? A me per dire piace quando su un fatto di carattere sociale si fa un'analisi acuta che sviluppa più chiavi di lettura, che va oltre al mero…ecco mi sono già annoiato! Se vado su Badoo e cerco di rimorchiare quante più smandrappe possibili sono un piacione o sto facendo un'inchiesta su quanto siano effimeri i rapporti umani nel 21esimo secolo?
Bè io non ci sto cara Maarama 22 anni, solare, timida e generosa che vuole un ragazzo sicuro di se e non frocio no! Non ci sto! E lo sai perché? Perché non ho alcuna intenzione di parlare di attualità! Ed è per questo che avvierò qui su questo Blog la rubrica: “STERILI, VECCHIE, FUTILI POLEMICHE DA RIMESTARE COL SENNO DI POI”! Ho le palle d’oca! Non siete elettrizzati?
Rimanete sintonizzati!
14.11.11
Satana e la compiacenza
Eccomi qui con un post mandato in vacca. Di nuovo.
Eh, mio prozio dice sempre che le idee migliori ti vengono sotto la doccia, ma oggi non ne ho avuto tempo.
Così, le buone idee che ho le butto un po' là. In vacca.
Dopotutto, è meglio mandare in vacca un post o un'intera nazione?
[applausi]
Una tipica frase da talk show. Quando vuoi ottenere gli applausi fai una frase di questo tipo qui. Poca spesa, massima resa.
No, perchè insomma, ieri pomeriggio ho visto, mio malgrado, una replica di uno show televisivo in cui l'ospite era Laura Pausini. Sembra che non centri, ma aspetta. Tra scherzi vari, e pompini a vicenda (uh, ma quanto brava sei tu, no, più tu, siamo bravi entrambi, dai!) arriva la frase di Laura: "Non mi sento una star, le vere star sono quelli che fanno volontariato".
[applausi] [delirio]
Beh, dici una frase così, e sai già che, nel programma che ti hanno creato attorno, gli applausi fioccheranno.
Poi vabè, quando parte il servizio su tutte le opere di bene finanziate dalla diva, si dai, non mi dire Laura, sei anche tu tra le star? Anche lei tra le star.
Ma di colpo, una presenza mefistofelica fra il pubblico.
Un lampo ne rischiara il volto fino allora nascosto dalle tenebre .