26.11.11

Paratassi

Tempo fa qualcuno mi ha detto che i miei periodi sono molto lunghi e complicati.
A leggerla così, sembra affettivamente frase ambigua, in realtà questa persona si riferiva, con solidale empatia, ad una mia tendenza alla scrittura. In certi momenti infatti, quando scrivo di getto, tendo a non soffermarmi più di tanto a quel fastidioso vincolo che è il punto, elaborando così frasi lunghe, cavillose, prolisse, ridondanti e ricche di subordinate. Questo ovviamente con grande dolore di tutti gli insegnanti mai incontrati durante i miei studi, che nel corso degli anni si sono dovuti districare tra i miei pensieri complicati, nel tentativo di farmi interiorizzare questa propensione moderna a volere frasi brevi, concise, paratattiche. Ed io lo faccio, svolgo bene i miei compiti. Metto tanti punti. Soggetto, verbo, complemento. Niente di più. Qui si ferma il pensiero. Al complemento. La subordinata resta un vezzo, una velleità per chi ha del tempo da perdere, ché questa società del consumo veloce ed immediato non si sofferma inutilmente su congiunzioni e – mondieu- su eventuali congiuntivi. (Non sia mai, il congiuntivo! Metti che poi lo sbagli? ) Quindi frasi brevi, concise, da poter leggere nei tempi morti, davanti a un caffè o ad altre tazze. Ché a questo si è relegato la lettura, ad una funzione secondaria da espletare in contemporanea ad altre, primarie, di maggior spessore.
Tuttavia, non divaghiamo, ciò di cui voglio parlare è proprio la scrittura. L’accusa, opinabile (ma d’altro canto qui non si parla di opinioni?), che io muovo ai cultori della paratassi è che essa violenta il pensiero. Mentre uno scrive, riflette, elabora ed infine predispone il materiale mentale in un materiale scritto, dà corpo ai legami concettuali, alle connessioni di pensiero tramite i nomi, i verbi e le congiunzioni, per trasporre infine ciò che esiste solo nella sua mente in un qualcosa di reale, tangibile e condivisibile con tutti gli altri. Se il mio pensiero è complesso e articolato, allora spezzarlo, segmentarlo, inserirvi per forza dei punti diventa un esercizio retorico di buoncostume, una cortesia verso il lettore che si trova facilitato nella lettura ma, a mio avviso, si va a snaturare il pensiero stesso. Lo si spezzetta, lo si modifica, lo si rende facilmente consumabile, tuttavia si perdono le connessioni tra un concetto e l’altro, si tralasciano gli aspetti meta-comunicativi ed i passaggi causali che la mia mente ha fatto per arrivarci. Si perde il meraviglioso uso delle congiunzioni, così ricche di sfumature in italiano. Ovvio poi, il lettore ha bisogno di pause, di respirare. Ma se ci fossero pensieri che vanno letti di filato, senza respirare, pensieri che tolgono il fiato? E’ vero che non sempre si può fare un flusso di coscienza, tuttavia il mio timore è che l’ipotassi venga sempre più relegata all’arte narrativa, facendo scomparire le subordinate dalla lingua scritta e parlata. Niente più gerarchie quindi tra i concetti, tra le parti della frase, niente articolazioni. La complessità dei pensieri non sparirà, solo non riuscirà a trovare sfogo nella scrittura, dovrà accontentarsi di essere espressa entro i limiti di poche coordinate, tra un “e” ed un punto fermo.

(detto questo, chiedo scusa per la lungaggine qua sopra, era giusto un piccolo sfogo d’esordio. D’ora in poi, solo post d'attualità, lo prometto!)

3 commenti:

  1. Ma perchè limitarsi alla punteggiatura? Taluni letterati, frequentatori dei migliori circoli culturali che le campagne sono in grado di offrire, sogliono sostituire la vile punteggiatura con la bestemmia. Essi la trovano infatti un perfetto connubio che permette di prendere fiato tra uno stream of consciousness e l'altro, agevolando l'ascolto dell'auditore e creando dei piccoli brevi periodi all'interno di una lunga perifrasi, e tendono a farlo con grande gaudio porco dico bene cari Pizzaballa e Kounellis?

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  2. Ci tenevo a sottolineare che alcuni maestri dell'arte oratoria sono in grado di celare queste (che taluni amanti del periodo breve definiscono) nefandezze, all'interno dei loro articolati discorsi utilizzando delle proprie forze il minimo dispendio serpente dico bene cara Fuji?

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  3. Pizzaballa05/12/11, 00:39

    Carissimo Sergio Cavanegro, credo che questa sia una idea davvero all'avanguardia! In un eventuale concorso letterario Lei con la sua irriverenza raggiungerebbe senz'altro il podio, cane d'un guascone!

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