18.3.12

Nagasaki d'Italia


Un massacro.
E' stato un massacro, e non è ancora finito.
L'amianto se n'è mangiati tanti qua da noi. Questa è solo un'altra storia da un'Italia che rimane sempre lì, sospesa nell'aria, spesso invisibile, ma che non smette di ammazzare. Italia puttana dei potenti, che basta aver soldi e pochi scrupoli per comprarsela per una notte e poi lasciare che siano gli altri a creparci assieme.

Alla Eternit in 2.191 sono morti per aver lavorato con l'amianto. Molti altri solo per esserci nati vicino. Una linea trasversale che unisce tutta l'Italia, dal Piemonte alla Puglia. Un po' di giustizia è stata fatta, ma non per questo la polvere smette di ammazzare.

Si chiama Marco Giorcelli una delle ultime vittime. Era direttore de Il Monferrato, quotidiano locale del Casale da cui prende il nome. E' morto giovedì. Tanto si potrebbe dire, ma probabilmente sarebbe superfluo, quando già ci sono le parole che ha scritto lui:
Mesotelioma maligno epiteliomorfo. Il verdetto sta lì, in tre parole. Con la terza - mi hanno spiegato - che sa di speranza, perché indica la forma meno aggressiva di questo tumore. Il tumore dell’amianto. Quella che meglio si può provare a combattere, con maggiori speranze di sopravvivenza. E io ci proverò.
Ma quelle tre parole, così nitide su un referto medico che non ha bisogno di aggiungere troppe spiegazioni, da martedì 25 gennaio sono la mia stella di David, il segno di una diversità - chiamiamola malattia - che dentro di me ha cambiato tutto.
Fino alla vigilia di Natale, un mese prima, ho lavorato e vissuto a testa bassa: con frenesia, fretta, con la passionaccia benedetta e maledetta di un lavoro che ti tiene incollato in redazione anche 14 ore al giorno.
Poi, proprio alla sera della vigilia, una tosse insistente ha fatto suonare il primo campanello. Un’influenza banale, solo un po’ insistente, come quella che va di moda quest’anno? Il prossimo anno sarà meglio fare il vaccino?
No, non era influenza. E il vaccino giusto ancora non esiste. Mesotelioma pleurico. È quello che si è portato via prima centinaia di lavoratori dell’Eternit, poi centinaia di cittadini, di età diverse. «Esposizione di tipo ambientale», conclude l’oncologa. Certo. Mica ho lavorato mai l’amianto. Ma a Casale Monferrato, questa città sfortunata, devastata, che però non posso certo smettere di amare, ci ho vissuto sempre.

Continua a leggere sul sito de Il Monferrato

Nessun commento:

Posta un commento