9.1.13

Malcelata Ostilità

La vasella era per il tatuaggio, il cetriolo per sfamarmi.  Eppure la gente in fila alla cassa mi guardava malissimo.

Persone infelici, pensai. Uscii e mi diressi verso il bar.  Mi trovai attorniato da una fauna bizzarra.  Era come nel mio sogno preferito, solo che qui la gente era vestita.
Cercai di mimetizzarmi tra gli avventori della bettola, l'ultima cosa che volevo era essere al centro dell'attenzione. Per cui mi sbarazzai del cetriolo.
Tutti bevevano la propria bevanda, e, chi casualmente incappava nel mio sguardo, mi sorrideva.  Ho sempre odiato la cordialità ostentata, i sorrisi elargiti a mò di quieto vivere.
Quando la ragazza carina che avevo iniziato ad osservare da qualche minuto con un certo interesse starnutì nel suo tramezzino e, immediatamente dopo, lo deglutì in un sol boccone, lembo di tovagliolo compreso, realizzai che era arrivata l'ora di levare le tende.  Prima di varcare l'uscio, scorsi con la coda dell'occhio la suddetta fanciulla che, con malriuscita nonchalance, si precipitò ad afferrare il cetriolo abbandonato.
A quanto pare, parte dei sorrisi non erano destinati a me.  Rivalutai il quieto vivere.

Non mi sentivo troppo bene, appena entrato in casa raggiunsi rapidamente il bagno.
Il malessere era così elevato ed esteso che non sapevo quale orifizio rivolgere verso la tazza.
Nulla che lo sciacquone non fosse in grado di spedire facilmente nel sistema fognario cittadino, comunque.
Prima di addormentarmi riflettei sul fatto che questa ostilità verso il mondo intero, prima o poi, avrebbe finito per uccidermi.
Cazzate.

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