12.11.11

Un muro bianco

E un pennarello.
E la possibilità - il diritto - di lasciare un segno.
Non il timore della pagina bianca ma il potere di dar parola a ciò che è muto, dare senso al vuoto, plasmandolo a propria immagine. Anche spaventandosi di fronte al proprio ritratto.
E' la creazione che esalta e atterrisce. La consapevolezza, nel proprio piccolo, di essere Dio.
Sentir vibrare tra le dita l'istinto primitivo che spinge a dar forma al pensiero, che obbliga ad approssimarlo e appiattirlo su una superficie, purché qualcosa rimanga, nel bene o nel male, a testimonianza del proprio passaggio. Con la consapevolezza che nessuna rappresentazione potrà mai descrivere appieno le vibrazioni che scuotono l'anima.
E' la volontà di far sopravvivere una parte di sé, perché un domani altri occhi possano rimirala.
Occhi diversi.
Che osserveranno, muti, supponendo ciò che è stato.

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